La salute mentale nelle professioni digitali: un tabù da superare
La digitalizzazione del lavoro sta ridefinendo non solo come lavoriamo, ma anche l’impatto di queste modalità sul nostro benessere psicologico. Da un lato, offrendo flessibilità e possibilità di remote working, contribuisce a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e privata. Dall’altro, in mancanza della giusta consapevolezza, può diventare un’arma a doppio taglio. I confini tra lavoro e tempo libero rischiano di diventare sempre più indefiniti. La comunicazione asincrona tra membri del team può diventare più difficile o generare incomprensioni. L’introduzione di nuovi strumenti e tecnologie richiede aggiornamento costante. Tempi di lavoro e aspettative cambiano.
Non a caso, tra le professioni dell’industria digitale i casi di depressione e burnout sono più alti della media. Eppure parlare di salute mentale al lavoro sembra essere ancora un tabù.
Fare luce su questo fenomeno, invece, è molto importante. Ci serve a capire come usare a nostro favore gli strumenti di collaborazione digitale e le nuove tecnologie per un ambiente di lavoro sano, che valorizzi i singoli individui e li rispetti come persone. Perché un team sano e realizzato sarà anche più coinvolto e produttivo e i vantaggi si rifletteranno anche sull’azienda.
In questo articolo vogliamo affrontare il problema, parlando di:
- Salute mentale tra le professioni IT: i dati
- Cause e soluzioni digitali
- Conclusioni
La salute mentale tra le professioni IT: i dati
Secondo una ricerca della British Interactive Media Association, le persone che lavorano nel settore tecnologico sono cinque volte più depresse della popolazione generale. Il 52% dei professionisti digital, inoltre, ha sofferto di ansia o depressione nel corso della propria carriera. Nonostante l’alta incidenza di questi disturbi, parlare di salute mentale rimane un tabù in molti ambienti lavorativi tecnologici. Vediamo in dettaglio cosa alimenta questi dati e perché non ignorarli è importante.
Isolamento
Se il lavoro remoto porta sicuramente molti vantaggi, accresce anche il rischio di isolamento. Questo, in molti casi, è l’anticamera dello sviluppo di disturbi legati alla salute mentale. Depressione, ansia, sindrome dell’impostore. Quante volte, da soli, si sente di più il peso di scelte o situazioni che potrebbero essere minimizzate in un contesto sociale? Piattaforme come GitHub hanno visto la nascita di community dove gli sviluppatori possono condividere esperienze e strategie per affrontare lo stress e l’isolamento, creando una rete di supporto solidale.
La cultura del “sempre connessi”
Gli strumenti di collaborazione in cloud sono un alleato potentissimo per migliorare organizzazione, produttività e favorire il remote working. Ma c’è un altro lato della medaglia che richiede consapevolezza nella loro adozione. Spesso infatti ci impongono una costante disponibilità, erodendo i confini tra vita professionale e personale. Per questo, i principali tool di messaggistica e posta hanno introdotto funzionalità che incoraggiano i dipendenti a disconnettersi dopo l’orario di lavoro, per promuovere un ambiente rispettoso del tempo libero di dipendenti e colleghi. Outlook ad esempio permette di pianificare i suggerimenti di invio. Questo riduce il bombardamento da mail al di fuori dell’orario di lavoro o nei periodi di ferie e consente anche di lavorare quando si vuole senza sovraccaricare la programmazione.
Troppe riunioni online
In Asana (azienda che produce il noto software per la gestione del lavoro) hanno introdotto i “no meeting Wednesdays” (mercoledì senza riunioni). Obiettivo: ridurre l’affaticamento da meeting online e incrementare il tempo dedicato al lavoro senza distrazioni. In tal modo, non solo si migliora l’efficienza, ma si promuove un ambiente di lavoro meno stressante e più produttivo.
Scarsa flessibilità
Ha fatto molto discutere recentemente la notizia sulle nuove politiche di Dell in fatto di remore working. Solo i dipendenti che accetteranno di lavorare in ufficio almeno 3 giorni a settimana potranno fare carriera. Chi resterà in remoto non avrà più questa possibilità.
La scelta di Dell avrà indubbiamente un peso sulla vita professionale e personale di molti. Tutti conosciamo l’impatto sullo stile di vita di chi è costretto a passare ore facendo il pendolare. Soprattutto quando l’esperienza in sede non aggiunge effettivo valore né al contributo offerto dal dipendente, né agli stimoli ricevuti. Nell’era del cloud una scelta del genere sembra incomprensibile e fuori dal tempo. Quello che dovrebbe essere messo al centro è l’individualità della persona, nella condizione che le permette di essere maggiormente coinvolta, motivata e produttiva. Specie nell’industria tecnologica, dove la carenza di talenti è un vero problema.
Tabù sulla salute mentale
Aziende come Salesforce hanno introdotto programmi per il benessere dei dipendenti, che offrono terapia e supporto psicologico, promuovendo un ambiente in cui parlare di problemi di salute mentale non è più un tabù. Parallelamente, investono in iniziative di prevenzione. Mettono a disposizione un budget da utilizzare per prendersi permessi extra quando c’è bisogno di staccare, per aver agevolazioni per fare sport o dedicarsi ad altre attività e hobby che rendano felici i propri collaboratori. Un team sano (fisicamente e mentalmente) è anche un vantaggio per l’azienda che lo promuove.
Deadline impossibili
La mancanza di strumenti adeguati o la scarsa qualità del codice e dell’infrastruttura su cui molti sviluppatori si trovano a dover lavorare sono tra le principali cause di frustrazione e calo della motivazione. Le scadenze stringenti a cui devono adeguarsi gli sviluppatori portano spesso a cercare scorciatoie. Ma un software “scritto male” finirà col generare problemi e ritardi alla scadenza successiva. E’ il cosiddetto” debito tecnico” di cui abbiamo parlato in questo post. L’importanza di “investire” tempo e risorse in codice di qualità non ha solo ricadute positive sul funzionamento dei prodotti digitali che un’azienda crea. Le ha anche sulla salute mentale degli sviluppatori e, quindi, sulla loro produttività e sulla qualità del lavoro che svolgono.
AI: alleato o minaccia
Secondo un recente sondaggio Pluralsight condotto su oltre 3.000 sviluppatori, il 45% si sente minacciato dall’intelligenza artificiale. La paura che le loro attuali competenze diventino obsolete e che l’AI possa rimpiazzarli genera ansia a preoccupazione. Un impatto che può essere alleviato promuovendo formazione continua e senso di appartenenza. In questo modo diminuisce lo stress da competizione, migliora la produttività e si affronta con il giusto growth mindset la transizione verso lo sviluppo di software assistito dall’intelligenza artificiale.
Conclusioni
L’evoluzione digitale del mondo del lavoro presenta sfide e opportunità per la salute mentale dei dipendenti. Parlarne in modo trasparente e consapevole è fondamentale per cambiare la narrazione su queste problematiche. Le aziende che riconoscono e affrontano queste sfide sanno adottare approcci e soluzioni innovative per migliorare la qualità del lavoro e promuovere un sano equilibrio tra vita professionale e privata. In tal modo, non solo migliorano il benessere dei loro team, ma diventano anche pionieri in un nuovo paradigma lavorativo. Mettere al centro la salute mentale nell’ambiente di lavoro digitale ci permetterà di costruire organizzazioni produttive, felici e in grado di affrontare i cambiamenti.