Smart working, privacy e diritti dei lavoratori: 5 cose da sapere
La pratica dello smart working è ormai consolidata all’interno delle aziende ed è giusto accogliere questa transizione verso nuove forme di lavoro. Nonostante ciò, datori di lavoro e dipendenti hanno ancora poche informazioni inerenti i propri diritti e doveri all’interno di questo nuovo modo di svolgere l’attività lavorativa. Le tematiche da affrontare sono tante: strumenti, tecnologie rispettose della privacy, orari di lavoro, nuovi approcci da seguire.
Vediamone gli aspetti principali con l’avvocato del lavoro Michela Migliazza.
Strumenti per i lavoratori
“Innanzitutto, occorre verificare che l’azienda possieda i presupposti tecnici e organizzativi di lavoro, oppure se può ritenere conveniente – in via del tutto eccezionale – l’utilizzo degli strumenti propri dei dipendenti, previo adempimento degli obblighi in materia di privacy”, spiega l’avvocato. “In ogni caso, sia che il lavoratore utilizzi un dispositivo personale oppure uno fornito dall’azienda in dotazione, è assolutamente imperativo garantire la sicurezza dei dati.”
Quali impostazioni e verifiche deve effettuare l’azienda per abilitare il collegamento remoto ai propri collaboratori?
“L’azienda deve adottare il cosiddetto approccio “zero trust”, un modello strategico di sicurezza informatica che è stato appositamente progettato per proteggere l’ambiente digitale dell’impresa moderna.”
Questo modello si basa sulla convinzione che nulla deve essere ritenuto automaticamente affidabile. Per questo motivo il modello Zero Trust richiede che chiunque voglia collegarsi al sistema di un’organizzazione debba prima essere verificato per potervi accedere. L’obiettivo principale è quello di ridurre drasticamente il rischio di cyber-attacchi.
“L’azienda deve assumere che il dipendente possa subire attacchi hacker tramite i propri dispositivi, senza riconoscere i campanelli d’allarme. Oppure, cancellare, condividere o visualizzare documenti non autorizzati”, mette in guardia l’esperta. “A tal fine è cruciale munirsi di policy interne adeguate al contesto, tali da rendere i dipendenti edotti delle misure da adottare per prevenire e fronteggiare eventuali attacchi informatici.”
Per avere il controllo sui dati sensibili, senza violare la privacy dei dipendenti, occorre impostare diritti di accesso e dotarsi di sistemi di sicurezza in cloud sugli strumenti di collaborazione dei dipendenti. E’ quello che avviene ad esempio con Microsoft365.
Software e rispetto di dati e privacy
“I software utilizzati dall’azienda per consentire il lavoro da remoto, non devono essere strumenti di controllo, ma di collaborazione.” Il tutto sempre nel rispetto della privacy. In questo senso un dipendente non può ad esempio essere obbligato ad attivare la telecamera durante una videochiamata. D’altra parte, quest’ultimo potrebbe ritenere violati i propri diritti qualora dall’impiego della webcam derivasse una lesione di un altro suo diritto, quale ad esempio la privacy familiare.
A nostro avviso, tuttavia, lo smart working dovrebbe essere visto non come ostacolo, ma come opportunità per migliorare le prestazioni lavorative. La possibilità di conciliare la vita privata con quella lavorativa non dovrebbe inficiare la proficuità del lavoro stesso. All’interno di un ufficio normalmente non ci si pone il problema di chi può vedere il dipendente e di chi invece non può farlo. Si potrebbe invece considerare l’abilitazione della telecamera durante una videochiamata di lavoro come una possibilità per aumentare la consapevolezza e la serenità di un incontro.
“E’ bene inoltre sottolineare che se da un lato è importante considerare il tema della tutela della privacy del lavoratore, dall’altro non va dimenticato il fatto che anche i lavoratori in smart working devono custodire con assoluta diligenza i dati e le informazioni acquisite in ragione della prestazione lavorativa svolta”, continua Migliazza.
Orari di lavoro
La domanda su cui dovremmo soffermarci è questa: ha davvero ancora senso parlare di orari di lavoro?
“Lo smart working rappresenta un cambio di prospettiva, che prevede una revisione globale dei tradizionali concetti cui siamo abituati, soprattutto con particolare riguardo alla retribuzione, alla gestione del tempo e all’orario di lavoro”. Esistono però limiti e uno specifico diritto alla disconnessione. Entriamo nello specifico con l’avvocato: “Per quanto riguarda i limiti, quando la prestazione avviene attraverso la cosiddetta modalità “agile”, la Legge 81/2017 stabilisce che l’attività deve essere svolta sì per obiettivi, ma anche nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.”
La stessa legge definisce il lavoro agile (o smart working) come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Sono stati molti i casi in cui lo smart working è stato impropriamente definito come tale. Tutte le volte in cui ci troviamo dinanzi alla necessità di imporre vincoli di orari, potremo invece iniziare a parlare non di smart working ma, ad esempio, di telelavoro. “Quest’ultimo viene definito come una forma di lavoro subordinato che è caratterizzato dallo svolgimento della prestazione nell’ambito di una postazione fissa a distanza rispetto alla sede aziendale. Nel telelavoro le parti definiscono gli orari di lavoro all’interno del medesimo contratto. Nello smart working invece è solo il lavoratore a scegliere come gestire la propria giornata lavorativa, bilanciandola con gli interessi della propria vita privata. In questo secondo caso ciò che rileva è il raggiungimento del risultato concordato.”
Ferie e diritto alla disconnessione
In smart working, è frequente il rischio che il tempo dedicato alla vita personale sia spesso “invaso” dalle richieste che arrivano dal lavoro. Quali sono i diritti del lavoratore da considerare? Quale la sua reperibilità?
“Con la Legge 6 maggio 2021 n. 61, di conversione del DL 30/2021, si introduce il cosiddetto “diritto alla disconnessione” per i lavoratori in smart working”, spiega Migliazza. “La legge riconosce “al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.
Un aspetto di cui ora anche le aziende devono tenere conto.
“E’ la prima volta che l’ordinamento italiano riconosce esplicitamente al dipendente che lavora in smart working il diritto di disconnettersidalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche utilizzate per svolgere la prestazione lavorativa. Inoltre, la medesima disposizione di legge è di fondamentale importanza, in quanto sancisce, da un lato, il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni (al fine di tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore), dall’altro lato, che l’esercizio di tale diritto non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione.”
Timbrature
Con lo smart working diremo addio al cartellino?
“Come già accennato, il ricorso allo smart working dovrebbe basarsi su un approccio autonomo al lavoro e sulle capacità del dipendente di organizzarsi in base a fasi, cicli ed obiettivi”, ricorda l’avvocato. “Ciò non esclude però che il datore di lavoro possa impiegare strumenti che gli consentano di controllare l’impegno del lavoratore, sebbene questo dovrebbe avvenire con un approccio più “smart”.”
A tal fine esistono appositi software per la rilevazione delle presenze per chi lavora in smart working. Nel nostro, ci sentiamo di consigliare sistemi di controllo della prestazione che siano più in linea con l’evoluzione del mondo del lavoro e con l’idea cardine dello smart working. Un nuovo metodo di gestione dei lavoratori può essere un’occasione utile per testarne l’affidabilità ed aumentarne la produttività.